2. L’oratorio di San Rocco
L’oratorio fu costruito negli anni Trenta del XVII secolo, nel luogo in cui sorgeva una cappella medievale, della quale si conservano alcuni frammenti pittorici nella facciata.
La storia
La storia
La sua dedicazione a San Rocco fa supporre che sia stato edificato quale ringraziamento o in segno di scongiura durante il periodo della famosa peste del 1630 che colpì duramente il Nord Italia e il Ticino.
Le lettere “C.T.” incise nell’architrave sopra la porta principale lasciano supporre l’intervento dell’architetto e scultore Costante Tencalla (ca. 1590-1646), già attivo a Roma con Carlo Maderno e in Polonia con lo zio Matteo Castelli di Melide. L’elemento di maggior pregio è la facciata, che rispecchia le direttive di San Carlo Borromeo, vescovo di Milano, secondo il quale la facciata doveva trasmettere il messaggio iniziale ai fedeli che si accingevano a varcare la soglia della chiesa.
L’interno è costituito da una sola navata centrale che termina con il coro, delimitato da una balaustra. L’altare maggiore ospita una pala d’altare circondata da una cornice in stucco.
Nelle pareti laterali sono stati ricavati due altari, uno dedicato a San Francesco d’Assisi, l’altro a Sant’Antonio di Padova. Due pregevoli statue in apposite nicchie, opere dello scultore arognese Giovanni Antonio Colomba, rappresentano San Michele e San Sebastiano.
San Rocco
Per la sua profonda devozione alla Vergine Maria, l’immagine di San Rocco è spesso presente accanto alle rappresentazioni della Madonna È rappresentato con il tabarro (grande mantella) coperto dal tabarrino (piccola mantella che copre le spalle), sul quale è fissata una conchiglia che serviva per prendere l’acqua. Nella mano destra tiene il bastone da pellegrino. Spesso ha una borraccia o una bisaccia a tracolla. Sulla gamba destra è visibile la piaga provocata dalla peste. Ai suoi piedi, un cagnolino con in bocca un pezzo di pane ricorda il periodo del suo isolamento in una grotta, durante il quale fu soccorso da un cane che giornalmente lo sfamava.
San Rocco è protettore degli ammalati, dei viandanti, degli operatori sanitari e dei volontari.
La peste del 1630
Tristemente famosa fu l’epidemia di peste bubbonica che serpeggiò in tutta Europa tra il 1629 e il 1633, narrata nella celebre opera “I promessi sposi” da Alessandro Manzoni. Il Ducato di Milano fu una delle regioni più colpite. Nell’Italia settentrionale morirono complessivamente 1’100’000 persone su una popolazione di circa 4 milioni. Dopo la sua estinzione sorsero ovunque oratori, chiese, cappelle, tabernacoli e colonne votive per scongiurarne il ritorno.
Costante Tencalla
Figlio di Pietro Antonio (Giovan Pietro) e di Lucia Castelli, nasce a Bissone attorno al 1590 e muore a Varsavia nel 1646 . Nel 1620 sposa Marta Porro. Scalpellino e poi intagliatore, lavorò a Roma nella bottega di Carlo Maderno (1610-19, S. Pietro e Castel Sant’Angelo). In Polonia, dal 1630 ca., fu architetto regio a Varsavia. Fu attivo in particolare a Vilna.
Realizzò tra l’altro il progetto per il campanile della collegiata di S. Lorenzo a Lugano (1632-33).
La facciata
La facciata è suddivisa verticalmente da quattro lesene, alle cui estremità spiccano capitelli abbondantemente ornati. Un timpano triangolare, sopra il quale troneggia una statua della Madonna, la chiude verso l’alto. Al centro della facciata, sotto l’ampio finestrone che dà luce alla navata, è collocata la statua di San Rocco, cui è dedicato l’oratorio. Nelle due nicchie laterali sono inserite due statue in stucco rappresentanti l’una un santo vescovo, l’altra un santo monaco, entrambi non identificati.
Nello spirito della Controriforma, la facciata doveva essere lineare, armoniosa, senza eccessivi ornamenti, arricchita con sobrietà mediante statue di santi cari alla popolazione locale o con figure allegoriche.
L’altare maggiore e la pala d’altare
L’altare maggiore si contraddistingue per una pala d’altare inserita in una cornice a stucco, sormontata da un timpano curvo, interrotto al centro da una cartella.
La pala d’altare rappresenta San Domenico (a sin.) e Santa Caterina (a des.), inginocchiati davanti alla Madonna, attorniata da angeli e da una ghirlanda di immagini relative ai Misteri del Rosario. Dietro di loro San Rocco (a sin.) e San Francesco (a des.). Di particolare interesse è l’agglomerato al centro del dipinto, che raffigura Bissone come si presentava nel 1640, data di realizzazione dell’opera, attribuita al pittore di origine genovese Giovanni Maria Arduino (1580-1647)..
La tela ha una notevole somiglianza con analoga opera inserita nella cappella della Madonna del Rosario, nella chiesa di Santo Stefano di Arogno.
A destra e a sinistra dell’altare, appoggiate su mensole, trovano posto le statue in stucco di San Giovanni Battista e di San Carpoforo.
San Michele e San Sebastiano
In apposite nicchie ricavate nelle pareti laterali sono collocate due pregevoli statue in stucco dello scultore arognese Giovanni Antonio Colomba, autore anche degli stucchi della cappella della Madonna del Rosario nella chiesa parrocchiale di Arogno.
Realizzate tra il 1636 e il 1644, rappresentano San Michele che sconfigge Satana e San Sebastiano.

Altari laterali
I due altari laterali presentano una struttura simile, che si contraddistingue per la presenza di colonne a finto marmo sormontate da un frontone curvilineo e la presenza di piedestalli. Una nicchia centrale ospita il santo titolare.
L’altare di sinistra è dedicato a San Francesco d’Assisi e fu patrocinato nel 1652 dal capitano Francesco Tencalla. Quello di destra ospita Sant’Antonio Abate e fu realizzato nel 1651 da Giovanni Tencalla, come è confermato da una scritta presente sotto la nicchia e dallo stemma della famiglia nella parte superiore.
I due altari laterali presentano una struttura simile, che si contraddistingue per la presenza di colonne a finto marmo sormontate da un frontone curvilineo e la presenza di piedestalli. Una nicchia centrale ospita il santo titolare.
L’altare di sinistra è dedicato a San Francesco d’Assisi e fu patrocinato nel 1652 dal capitano Francesco Tencalla. Quello di destra ospita Sant’Antonio Abate e fu realizzato nel 1651 da Giovanni Tencalla, come è confermato da una scritta presente sotto la nicchia e dallo stemma della famiglia nella parte superiore.
